Un viaggio attraverso la storia dei Giubilei con Mons. Stefan Heid, professore al Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana e direttore del RIGG, partendo dalla storia dell’Istituto tedesco in Vaticano.
Anche la Chiesa di Santa Maria della Pietà è legata alla storia dei Giubilei. Era infatti stata pensata nell’Anno Santo 1475 e realizzata in vista di quello successivo del 1500 (il primo in cui fu aperta una porta santa per la Basilica di San Pietro). Fu tuttavia ultimata e consacrata un anno dopo l’apertura dell’anno giubilare (1501). Questa una delle curiosità raccontate e illustrate da Mons. Stefan Heid (docente ordinario di storia della liturgia e di agiografia presso il Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana – quest’anno nel suo centesimo anniversario, le prime lezioni si svolsero proprio nella Biblioteca del Collegio ndr) durante la visita il 10 gennaio al Campo Santo Teutonico di una delegazione di Giovani Universitari in Parlamento. Il Campo Santo, luogo che seppur situato nelle mura Vaticane ha mantenuto la sua natura privata, uno status più unico che raro, accoglie da secoli le sepolture di personalità di madre lingua tedesca residenti a Roma. Il Teutonico infatti, situato sulla soglia tra Stati, ricopre questo speciale ruolo di accoglienza, punto di incontro e di dialogo per l’Italia, il Vaticano, l’Austria (più legata alla Chiesa e al collegio annesso di Santa Maria dell’Anima) e in particolar modo la Germania. Oggi ha sede nell’Istituto annesso al Campo Santo la sede del RIGG (Römische Institut der Görres-Gesellschaft) che dal 1888 promuove gli studi e la ricerca scientifica interdisciplinare in molti ambiti tra cui soprattutto archeologia, arte, storia della Chiesa, realizzando convegni e pubblicazioni.
La pala d’altare di pittore ignoto, spiega Mons. Heid, divisa in cinque parti, è l’opera principale e più rappresentativa presente nella Chiesa di Santa Maria della Pietà. Narra una storia fatta di attimi, di una scena caratterizzata da equilibri precari: ogni figura è come fotografata mentre compie un’azione precisa, diversa dalla precedente e da quella immediatamente successiva. L’immagine dispiega in sè molti significati connessi alla storia della confraternita (presente in Vaticano sin dal ‘400) e del luogo particolare in cui ha sede. Su un lato i Santi Anna e Gioacchino, genitori della Vergine Maria, suggellano con un bacio il momento dell’Immacolata Concezione: alle loro spalle è presente, fa notare il Professore, la porta aurea di Gerusalemme, simbolo mariologico a cui ci si richiama nell’apertura delle porte sante giubilari, insieme alla citazione cristologica “Io sono la porta” (Gv 10,1-21). Il culto di Sant’Anna, molto diffuso in Germania, è dimostrato anche dal fatto che ella appare due volte rappresentata sulla pala, prima con suo marito poi con Maria e Gesù Bambino sul lato opposto, ed è curioso che inizialmente la pala non appariva come una sequenza ma le scene erano diffuse nella Chiesa senza cornice. Nella stessa è anche presente una rara rappresentazione di una sovrapposizione di momenti biblici: Cristo nella Pietà raffigurato con Maria è al tempo stesso sorretto da un lenzuolo per la deposizione e pianto dalle donne che Gli fanno visita. Inoltre, la pala d’altare può essere letta in dialogo con il tempo durante le celebrazioni funebri. Infatti, durante la consacrazione vi erano in linea retta il defunto, la raffigurazione della deposizione del Cristo morto e l’Eucarestia sorretta dal sacerdote sull’antico altare. Questo connubio tra attenzione artistica e liturgica rappresentava la primaria funzione funeraria di Santa Maria della Pietà e del cimitero posto nell’area compresa dalla proprietà del Teutonico, nella quale poi si sono sviluppati gli altri edifici per lo studio e l’ospitalità.
La chiesa, che un tempo appariva più barocca, oggi ha un aspetto essenziale pur trovandosi all’ombra della cupola di San Pietro, caratterizzandosi di due cappelle laterali. Una di queste è stata recentemente è stata restaurata in parte ed ospita le sepolture delle Guardie Svizzere che caddero durante il Sacco di Roma.
Un luogo suggestivo dalla vocazione per la ricerca in cui si intrecciano tante storie tra passato e presente, di vita e di memoria.


