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Trump nel bene e nel male

Il 5 novembre 2024 verrà ricordata come una data storica per il peso capitale ricoperto dalle elezioni americane. La loro rilevanza ha varcato i confini nazionali, estendendosi a tutti quei paesi che intrattengono rapporti con Washington.

Lo scontro tra Donald Trump e Kamala Harris veniva descritto dai media americani come uno tra i più equilibrati della recente storia elettorale americana, con un margine che per i sondaggisti non superava il 2%. Come avvenuto nel 2016, anche in questa occasione il risultato delle urne è stato ben diverso da quello inizialmente atteso: Trump si è aggiudicato praticamente tutti gli “swing-states”, portando alla sua causa 312 grandi elettori contro i 226 della candidata democratica.

Una vittoria pesantissima che, secondo gli esperti, non vedeva un simile divario (86 grandi elettori) da diversi decenni. Oltre al grande scarto tra i due candidati, queste elezioni saranno ricordate statisticamente anche per altri due motivi: in primis portano a ristabilire il presidente eletto più anziano della storia, record curiosamente sottratto a Joe Biden, Presidente dal quale, il 20 gennaio 2025, il Tycoon otterrà il passaggio di consegne. In secondo luogo, “The Donald” è divenuto il secondo Presidente della storia degli Stati Uniti a fare due mandati non consecutivi dopo Grover Cleveland (eletto prima nel 1894 e successivamente nel 1892).

All’indomani del conteggio dei voti, i giornali italiani si sono divisi tra chi esprimeva preoccupazione per le conseguenze di un secondo mandato Trump e chi, al contrario, riteneva il risultato elettorale una grande opportunità per il nostro Paese e per l’Europa. Nel presente articolo si intende effettuare un’analisi di alcune questioni affrontate dal Candidato repubblicano nel corso della campagna elettorale, non essendo ancora possibile rilevare se quanto promesso verrà effettivamente messo in pratica una volta insediatosi alla Casa Bianca.

I dazi: stando all’agenda 47 (nome del programma elettorale dei Repubblicani) il Tycoon ha intenzione di “reclamare l’indipendenza degli Stati Uniti riducendo il catastrofico deficit commerciale avvenuto sotto la presidenza di Joe Biden”. Un concetto abbastanza generico, ma che si può comprendere andando ad analizzare le diverse dichiarazioni che il Presidente Eletto ha rilasciato nel corso della campagna elettorale.

Per ridurre il deficit commerciale degli Stati Uniti, infatti, servono ingenti risorse, risorse che Trump vuole ottenere aumentando i dazi sulle importazioni di tutti quei prodotti che provengono da mercati terzi rispetto agli USA, compresi quelli italiani come Pasta, Vini, Spumanti, Olio, formaggi, particolarmente apprezzati Oltreoceano. Si tratta infatti di prodotti tipicamente italiani che la società americana maggiormente abbiente apprezza e consuma.

Questi dazi sono destinati a ridisegnare l’economia mondiale in quanto colpiranno anche altri mercati, fonte di ingenti introiti, quali l’automotive (di cui sarà verosimilmente la Germania la nazione a farne maggiormente le spese con BMW, Audi, Porsche, Wolkswagen e Opel) e quello dei microchip (che riguarda in primis Taiwan).

Altro argomento, in parte collegato al precedente, riguarda un altro punto dell’agenda 47: “Fermare lo spionaggio cinese e diminuire il divario nella bilancia commerciale fra Stati Uniti e la Cina.” È corretto ritenere che questo punto dell’agenda non riguardi in modo diretto l’Italia e l’Europa; bisogna tuttavia cercare di far luce sul secondo concetto, ovvero sul “diminuire il divario nella bilancia commerciale fra gli Stati Uniti e la Cina”.

Uno scontro commerciale tra Usa e Cina è sempre stato visto come una possibile conseguenza dei frequenti attriti tra le due superpotenze che però concretamente non avrebbero nulla da guadagnare in quanto i danni da ambo le parti sarebbero superiori ai possibili guadagni. Qualora tuttavia la guerra commerciale avesse ufficialmente inizio e l’UE riuscisse a rimanere indenne da queste dinamiche, l’Italia potrebbe guadagnare fette di mercato lasciate scoperte, un’occasione che potrebbe permettere di aumentare ulteriormente l’export che quest’anno ha già visto lo Stivale raggiungere il quarto posto mondiale per la prima volta in questo secolo.

Il Riarmo: in campagna elettorale Trump ha espresso più volte un concetto destinato a rivoluzionare la geopolitica italiana e, più in generale, della Nato: il 9 dicembre, a Parigi, il Tycoon ha infatti affermato nel corso di in un’intervista concessa ad Abc news che considererà “seriamente” la possibilità per gli Stati Uniti abbandonino la Nato nel caso in cui non venissero trattati “in modo equo”.

La questione a cui si riferisce Trump riguarda la spesa percentuale dei paesi membri della Nato destinata agli armamenti che, per poter essere ritenuta adeguata, dovrebbe raggiungere almeno il 2% del PIL, soglia che anche l’Italia fatica a conseguire e il cui raggiungimento è previsto per il 2028. La nuova linea di governo americana chiede quindi un maggior investimento in ambito militare agli stati membri della Nato affinché questi possano gestire la propria politica di difesa senza l’ausilio della Nazione a stelle e strisce. Va però ricordato che il riarmo italiano, come quello della maggior parte degli stati europei, è in realtà già in atto da più di 2 anni, vale a dire dallo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina, avvenuto il 24 febbraio 2022.

Stop alla guerra in Europa: i nuovi Stati Uniti a guida repubblicana sembrano intenzionati a portare il mondo verso una maggiore stabilità. Tassello chiave per il raggiungimento di questo obiettivo è la cessazione delle ostilità tra Ucraina e Russia: se la nuova Amministrazione riuscirà effettivamente a raggiungere una pace duratura tra le due nazioni, l’intera Europa ne gioverà con il ritorno ad una maggiore stabilità.

Rimanendo in tema di mercati, risulta interessante osservare quella che è stata la reazione negli USA e in Europa a seguito dell’elezione di Trump: nei mercati del Nasdaq, infatti, le diverse aziende hanno subito una fortissima impennata nel valore delle azioni, mentre i mercati europei sono invece andati al ribasso.

Trump è tornato ad essere uno degli attori di maggior rilievo sul piano internazionale, ma non è l’unico: sarà compito dell’Italia riuscire a sfruttare al meglio le onde di un mare geopolitico in grande cambiamento, come disse Seneca: “non esiste vento favorevole per il marinaio che non sappia dove andare”.

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