Maria e la Callas. Che sia sulla pagina o sullo schermo, di questo non c’è dubbio, della Divina è possibile parlare come si fosse dinnanzi a due persone. Una dualità che la stessa (e confermata dai suoi stretti collaboratori) ha alimentato fino all’ultimo dei suoi giorni, cercando in tutti i modi di far coincidere, invano, vita privata e professionale.
Domenica 12 gennaio presso il Cinema Barberini, Giovani Universitari in Parlamento ha dedicato una serata a Maria Callas, dialogando sul libro “Maria Callas – La diva umana” (Il Cairo, 2023) in collegamento con l’autrice, la giornalista, scrittrice e opinionista Annarita Briganti, esperta appassionata proprio della Divina. All’incontro è seguita la proiezione in sala del nuovo film “Maria” (2024) di Pablo Larráin, in questi giorni ancora al cinema. Questa è stata dunque l’occasione per distinguere e riflettere gli elementi cinematografici dalla storia vera di Maria Callas, descritta nell’attenta biografia della Briganti e discutere circa una delle personalità femminili più influenti del XX secolo e del suo contesto sociale, nell’Italia del Boom Economico che attraversa un’epoca di grandi cambiamenti.
La sofferenza per le luci che si spengono, la platea che si svuota, un pubblico che attende più un personaggio idealizzato che l’autentica persona. Sembra proprio che nel momento in cui sia venuta meno la corazza della Callas, sia rimasta Maria che dovesse affrontare se stessa, senza più maschere, senza più scuse. Ma insopportabili erano a questo punto il dolore e le sue verità. Dalla pellicola emerge chiaramente come Maria quasi non possa vivere senza la Callas, anche se vorrebbe, le due sono inseparabili, dipendono l’una dall’altra e non riescono a conciliarsi o scindersi completamente.
La Callas annulla Maria, Maria se vuole davvero scrivere la sua storia deve lasciare la Callas. Ha perso la voce (e ha frustrazione per questo come un’atleta non riesce più a gareggiare o una ballerina a esibirsi), tuttavia, i suoi tormenti e la sua anima parlano più di qualunque certificato medico, di qualunque dottore illuminato. “Io davvero non stavo bene” ripete in una scena del film a un passante che la vede seduta all’angolo di un caffè, questo rispondeva schiettamente alla gente che pensava fosse un capriccio il fatto che non si esibisse. Molti di questi dettagli scoprono un’atra verità che negli anni ’60 non avrebbe trovato la sua dimensione: i disturbi del comportamento alimentare e la dismorfofobia di cui Annarita Briganti parla a lungo nel suo libro. Questa componente che ha plasmato la vita di Maria, ha influenzato quella della Callas, ha ostacolato e distrutto entrambe di sicuro, se davvero Maria Callas avesse scritto un’autobiografia, avrebbe avuto molta voce in capitolo.
“Voi non sapete quanto costa a Maria essere la Callas“, “Ogni volta che salgo sul palco mi aspettano per massacrarmi“. Il rapporto con la stampa è stato per lei sempre una lotta contro il tempo.
Fa effetto perciò che sia stata Annarita Briganti, giornalista, ad aver scritto un libro che possa restituirle finalmente pace, a lei che era sì tormentata esternamente ma soprattutto interiormente.
Annarita Briganti restituisce a Maria la voce che aveva perso, quell’ultimo canto. Si connette a Maria con un ottimo metodo storico-critico, andando suoi luoghi, ascoltando le testimonianze, toccando con mano oggetti appartenuti alla Divina e andando smontando la narrazione del mito che la stessa Callas aveva costruito ad arte su di lei. Il film, molto bello a livello estetico come tutti i biopic di Larráin, ripropone la ricostruzione di video e immagini famose (che riprendono con fedeltà il documentario di Tom Volf). Tutte le testimonianze raccolte nel libro concordano sul fatto che fosse una donna molto fragile e che alla fine, senza drammi, si fosse lasciata andare.
“Vissi d’arte, vissi d’amore” recita l’epitaffio che cita la Tosca di Puccini, a Firenze, sulla sepoltura di Franco Zeffirelli, grande amico di Maria, ammiratore della Callas, che con lei condivideva la professionalità, la serietà e la dedizione sul lavoro quanto la sensibilità. Non a caso lei se non si sentiva al massimo delle proprie capacità sceglieva di non cantare. Questo uno degli inevitabili punti toccati durante l’intervista alla Briganti, reduci dalla recente visita di GUP alla Fondazione Zeffirelli a Firenze. Poi il legame con due uomini che scandiscono un prima e un dopo nella sua vita. Prima l’agente Meneghini, un marito che le ha fatto anche da padre, che l’introduce nel difficoltoso e ostile ambiente scaligero, poi la relazione folle e struggente con l’armatore Onassis, controversa e piena di colpi di scena, fatta di andate e ritorni. Tante le riflessioni su quella che per Maria era divenuto un sogno/ossessione: “La donna più famosa del mondo che non riesce a crescere un figlio, che non si sente abbastanza bella, abbastanza magra, abbastanza amata. Abbastanza.” citando La diva umana. Guardando con compassione il suo passato, dal ricordo della ragazzina che vagava dalla Grecia all’America e viceversa per costruirsi un futuro, combattendo il presente per cercare di tenere insieme i pezzi e sopravvivendo con ansie al futuro, Maria e la Callas convivono di una convivenza che si fa con gli anni sempre più irriducibile, sempre più fragile, più sottile.
Annarita Briganti sottolinea l’assenza nel film di persone e dinamiche fondamentali nella vita di Maria, che, a nostro avviso, sono presenti invece legittimamente nel suo libro, personaggi che non compaiono neppure un attimo sulla scena ma che sia Maria sia la Callas avrebbero preteso nella sceneggiatura, primo tra questi la sua anima affine PierPaolo Pasolini, così come anche la sua migliore amica Giovanna Lomazzi come anche un’opera “talismano” rappresentante la Sacra Famiglia (dono del marito Meneghini) che l’artista portava scaramanticamente dietro le quinte prima di esibirsi. Nel film le figure di Ferruccio e di Bruna, che per Maria rappresentarono il suo nucleo familiare più solido, molto di più che il suo autista e la sua domestica avrebbero meritato una resa più veritiera dei loro ruoli. Lo afferma Annarita Briganti che introducendoci al film ci mette in guardia a quelli che sono aspetti puramente legati al magico mondo del cinema. Fortunatamente nella biografia tra le molte interviste preseti ce n’è una proprio a Ferruccio Mezzadri (interpretato sullo schermo da Pierfracesco Favino, Bruna Lupoli invece è Alba Rohrwacher ndr).
Una serata per omaggiare il bel canto, proclamato patrimonio dell’umanità del nostro Paese, la donna che è stata Maria, l’artista che è stata la Callas, in compagnia degli aneddoti e delle curiosità di un’autrice dallo sguardo attento sulle vicissitudini di grandi personalità e a un film, sommariamente un buon prodotto per il cinema odierno, che intende ripercorrere le storie e la Storia.
E, per concludere come Luchino Visconti diceva, Evviva sempre Callas!