Giovani Universitari In Parlamento

L’Orlando attraverso le arti

Dialogo tra letteratura e musica nel mondo di Ariosto e quell’orchestrazione sullo spartito e tra le pagine di un libro.

Il 7 maggio presso la Galleria Triphè nei pressi di Castel Sant’Angelo si è tenuta una vera e propria introduzione al mondo di Ludovico Ariosto, dell’Orlando e i suoi numerosi personaggi. Un incontro tra musica e letteratura con due nomi d’eccezione: il direttore d’orchestra Rinaldo Alessandrini, tra gli altri ruoli accademico di Santa Cecilia – da poco reduce dall’esecuzione di “Alcina” di Händel al Teatro dell’Opera di Roma e dello scrittore e sceneggiatore Simone Laudiero, autore principale di “Furioso” (Mondadori, 2020) un romanzo che si propone da sequel dell’opera di Ariosto con nuovi eroi e paladini a sostituire e imitare le vecchie glorie. Il punto di vista musicale e drammatico, offerto da Alessandrini ben si è sovrapposto e intrecciato al discorso avventuroso e dinamico di Laudiero. La guida all’ascolto di brani tratti dall’Alcina stessa (Dì cor mio, Tornami a vagheggiar, Ombre pallide) o passi dall’Orlando (Pazzia) hanno arricchito ancor più questo momento di riflessione e scoperta tra gli amori e le guerre dei protagonisti di Ariosto. Le rappresentazioni teatrali e musicali non sono moltissime, spiega il prof. Alessandrini, Ariosto “ha avuto limitate adesioni anche nel repertorio madrigalistico“. Tuttavia i brillanti ma complessi versi che vedono protagonisti Astolfo e la sua Luna, Bradamante, Angelica e Ruggiero all’epoca, suggerisce lo scrittore Laudiero, “erano visti in chiave pop”: Tutti riconoscevano i nomi dei loro beniamini le cui prode gesta si intrecciavano abilmente a riferimenti tratti da miti classici precedenti.

Con quali occhi e quali orecchie i contemporanei di Händel lèggevano e ascoltavano la storia di Orlando? Come e per quali esigenze il musicista, figlio del proprio tempo, sceglie di narrare proprio le vicende i moti d’animo di Alcina? Quali analogie e differenze di musicalità con altri compositori che si sono ispirati a questo universo cavalleresco come Vivaldi o Haydn?

Le tematiche del potere e di ciò che consegue, della fedeltà di un cavaliere e della sua appartenenza e poi quei vizi e le virtù con cui inevitabilmente anche i migliori devono trovarsi a fare i conti.

Tanti gli interrogativi sull’opera letteraria e le sue varianti come sull’orchestrazione, sullo spartito come sulle pagine. Ebbene sì, perché gli elementi sono innumerevoli e che se si tratti di far andare d’accordo insieme diversi strumenti o tanti discorsi e scene tra i protagonisti di un romanzo, il risultato esige armonia in entrambe le situazioni. Il punto di vista centrale, necessario ma in disparte rispetto alla scena, del direttore d’orchestra, dalla sua postazione giù al palcoscenico e quella di un autore che fila la trama fino a nascondersi e sparire tra le sue parole, portando avanti un racconto fitto di nomi e luoghi, è più simile di quanto potremmo credere, tanto che, a un certo punto, i due relatori si interrogavano appassionatamente l’un l’altro sulla riflessione di cosa ancora ci trasmetta un poema cinquecentesco mentre Ariosto, la Storia, e il pubblico restavano a guardarli.

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