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Israele e Palestina: l’acqua come arma di conflitto

Il conflitto del 7 ottobre ha messo in evidenza come il controllo delle risorse idriche rappresenti un’importante leva strategica per Tel Aviv. L’acqua, già scarsa nella regione, viene utilizzata come strumento di pressione politica e militare, incidendo direttamente sulle condizioni di vita della popolazione palestinese. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha dichiarato che, nonostante la tregua, intende bloccare gli impianti idrici per esercitare pressione su Hamas e ottenere il rilascio degli ostaggi. Questa strategia dimostra come la gestione dell’acqua non sia solo una questione ambientale, ma anche un mezzo di ricatto geopolitico.

La crisi idrica è una delle sfide più urgenti per le regioni caratterizzate da scarsità d’acqua. La desalinizzazione si è affermata come una soluzione tecnologica essenziale per garantire l’accesso all’acqua potabile, trasformando l’acqua di mare in risorsa utilizzabile per il consumo umano, l’agricoltura e l’industria. Nei paesi del Medio Oriente e del Nord Africa, dove le fonti naturali sono limitate, questa tecnologia rappresenta una strategia chiave per soddisfare il crescente fabbisogno idrico. La Striscia di Gaza, con oltre due milioni di abitanti, è una delle aree più colpite dalla crisi idrica. L’eccessivo sfruttamento delle falde acquifere, la contaminazione delle risorse sotterranee e la scarsità di precipitazioni hanno reso l’acqua potabile un bene sempre più raro. Secondo le Nazioni Unite, oltre il 97% dell’acqua della falda costiera non è adatta al consumo umano a causa dell’alto livello di salinità e dell’inquinamento. In questo contesto, gli impianti di desalinizzazione sono vitali per la sopravvivenza della popolazione locale 1.

Tuttavia, il funzionamento di queste infrastrutture è fortemente influenzato dalle tensioni geopolitiche e dalle azioni militari. Restrizioni, interruzioni nella fornitura energetica e difficoltà nell’approvvigionamento dei materiali necessari per la manutenzione ostacolano la continuità operativa di questi impianti. La dipendenza dal carburante per il funzionamento delle infrastrutture idriche rende la situazione ancora più fragile, poiché i blocchi imposti possono comprometterne l’attività in qualsiasi momento.

Lo Stato ebraico, per il 70% desertico, ha affrontato nel corso della sua storia sfide simili a quelle che oggi colpiscono Gaza. Tuttavia, grazie a innovazioni tecnologiche e strategie avanzate, ha sviluppato un modello di gestione idrica altamente efficiente2. Oggi, la desalinizzazione dell’acqua di mare copre oltre il 70% della domanda domestica, producendo circa 600 milioni di metri cubi di acqua potabile all’anno. Inoltre, il riutilizzo delle acque reflue ha permesso di recuperare il 65-70% delle acque reflue urbane e industriali per l’agricoltura, contribuendo a una gestione sostenibile delle risorse3

Queste strategie hanno reso il paese un leader globale nella gestione idrica. Tuttavia, mentre Tel Aviv ha raggiunto l’autosufficienza, la situazione a Gaza continua a peggiorare4. La dipendenza dagli impianti di desalinizzazione è aggravata dalla mancanza di infrastrutture affidabili e dall’impossibilità di accedere ai materiali necessari per la manutenzione. Recentemente, il comune di Deir al-Balah ha denunciato la chiusura di due impianti di desalinizzazione, attribuendone la responsabilità a Israele, accusato di aver bloccato la distribuzione dell’acqua. Le autorità israeliane hanno respinto queste accuse, sostenendo che il blocco sia dovuto a problemi tecnici e non a un intervento deliberato. Il conflitto ha reso ancora più precario l’approvvigionamento idrico della regione. Bombardamenti e restrizioni compromettono il funzionamento degli impianti, mettendo a rischio la salute pubblica e aumentando il pericolo di epidemie dovute alla scarsità di acqua potabile. ONG e organizzazioni internazionali, tra cui UNICEF e Croce Rossa, hanno lanciato allarmi sulla necessità di un’azione immediata per garantire l’accesso all’acqua e prevenire una catastrofe umanitaria.

La gestione delle risorse idriche nella regione non è solo una questione ambientale, ma anche un problema politico e umanitario. Mentre Israele ha risolto la propria crisi idrica grazie all’innovazione, Gaza continua a lottare con infrastrutture fragili e un contesto politico instabile. Garantire un accesso equo all’acqua potrebbe rappresentare un passo cruciale verso la stabilità e la sicurezza dell’intera area mediorientale. Inoltre, questo contesto dimostra come l’acqua possa essere un potente strumento di resilienza e sviluppo, ma è essenziale riconoscerne anche il suo lato geopolitico: non solo fonte di cooperazione e pace, ma anche potenziale leva di tensione e conflitto in un mondo dove l’accesso alle risorse idriche è sempre più strategico.

  1. https://www.infopal.it/disastro-umanitario-a-gaza-israele-ha-tagliato-lelettricita-agli-impianti-di-desalinizzazione-dellacqua/ ↩︎
  2. https://www.oxfamitalia.org/gaza-desalinizzazione-acqua-pulita/ ↩︎
  3. https://www.lifegate.it/modello-israele-acqua ↩︎
  4. https://www.ansa.it/ansamed/it/notizie/rubriche/cronaca/2021/04/09/gaza-accresciuta-la-fornitura-di-acqua-desalinizzata_4cad0c8b-3161-4086-9c9f-b22c0d090520.html ↩︎

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