Giovani Universitari In Parlamento

Dialogo su Illustrissimi alla Fondazione Vaticana Giovanni Paolo I

“La verità esposta delicatamente” – itinerario nella letteratura e nella vita di Albino Luciani

Il 10 gennaio una delegazione di Giovani Universitari in Parlamento, accolta nella sede di Via della Conciliazione della Fondazione Vaticana Giovanni Paolo I, ha ripercorso insieme alla Dott.ssa Stefania Falasca, vicepresidente della stessa, postulatrice della causa di canonizzazione di Albino Luciani e curatrice dell’edizione critica del corpus epistolare di Illustrissimi (Edizioni Messaggero Padova, 2023), la vita e il percorso letterario di Albino Luciani, da enfant prodige di Canale d’Agordo, un piccolo paesino di mille anime sulle montagne venete, da stimato vescovo e intellettuale come Patriarca di Venezia fino ad approdare nel cuore del cattolicesimo a Roma come papa Giovanni Paolo I.

Luciani spicca negli studi, si confronta nella tesi di dottorato con un Antonio Rosmini all’epoca non ancora riabilitato totalmente dalla Chiesa e dagli accademici, dopodiché gli vengono affidati subito diversi incarichi di grandi responsabilità nella diocesi di Belluno.

Lungo tutto questo itinerario la biblioteca personale che andava componendosi durante la sua vita (e oggi ricostruita e tutelata a Venezia) è stato il suo bagaglio di viaggio, ci spiega Stefania Falasca, un bagaglio che racchiudeva non solo il suo sapere ma tutta la sua storia. Da quei libri attingeva idee, intrecciava le storie, li faceva interagire con la realtà più crude e con le difficoltà del presente. Davanti alla sua biblioteca così come per noi di fronte al suo archivio (che è stato anche digitalizzato per facilitarne la consultazione) l’idea che balena in mente è di trovarsi proprio dinnanzi a una parte di Albino Luciani.

Proprio di recente, il 4 agosto 2024, Papa Francesco ha firmato il Documento sul Valore della Letteratura, sui romanzi e le poesie che sono utili nel cammino di maturazione personale, citando il documento che sarebbe stato molto probabilmente d’intesa con Luciani: “Ognuno troverà quei libri che parlano alla propria vita e che diventeranno dei veri e propri compagni di viaggio”. 

Il prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, il Cardinale Tolentino De Mendonça, scrive nell’Introduzione della nuova edizione critica che Illustrissimi ha le carte in regola per essere definito un classico e che, di certo, da Patriarca di Venezia, allora Luciani non avrebbe potuto prevedere lo stupore suscitato dalla sua opera. Non era convenzionale allora per un vescovo scrivere di tutto un po’ facendo propria “l’arte dell’incontro”, un incontro che a noi di Giovani Universitari in Parlamento, attraverso il lascito di questa sua letteratura personale è risultato ancora possibile e reale.

La letteratura che Luciani destreggia con grande abilità occorre proprio a rendere più gradevole, semplice e umana la comunicazione con i suoi destinatari, qualunque sia l’argomento. Essa apre il dialogo, lo facilita sui temi più ostici, si fa porta e ponte tra spazi, tempi, usi e costumi differenti: “la verità esposta delicatamente”, citando il Cardinale nella prefazione. Questo metodo dialogico attraversa gli orizzonti così ampi dell’autore e dell’uomo, il suo è un esercizio che applica di fronte ai libri e ai personaggi e ugualmente nella quotidianità, scrutando con attenzione negli animi e connettendo con attitudine realtà diverse tra loro, spaziando in una cultura che da scienza diventa sapienza. E questa sapienza, nella sua dimensione affettiva che la riveste di grande dignità, è pienamente percepita negli ambienti della Fondazione, nel lavoro svolto dai componenti della stessa e in particolar modo dalla Dott.ssa Falasca che continua con dedizione e passione ad occuparsi dell’autentica persona, della storia e della verità di Luciani fin dai tempi della sua tesi di dottorato, la prima, dopo decenni dalla morte, ad aver indagato e rivisitato la sua figura ancorata all’immagine riduttiva per quanto amabile del “Papa col sorriso”. 

Quella della Fondazione, che si propone come fonte primaria e mezzo di misura e di ricerca per gli studiosi che intraprendono l’itinerario su Giovanni Paolo I, diventa una missione di memoria, di pura testimonianza, di responsabilità nel suo valore etimologico di risposta (respondeo) a un appello, un richiamo alla realtà aldilà dell’immagine e dell’opinione generale. 

Non avendo documenti magisteriali di Giovanni Paolo I, Illustrissimi diventa ancor di più un prezioso assaggio di quello che è uno stile che effettivamente appare già nelle omelie e nei discorsi di Luciani come Patriarca di Venezia e poi come papa Giovanni Paolo I nei suoi trentaquattro giorni di Pontificato. Una scrittura che propone un registro innovativo, colloquiale: “piegando tutto al sermo humilis” come definì per primo Ossola. Una dimensione letteraria di familiarità in cui Luciani ritrova gli autori e i personaggi reali o fittizi di cui ha letto e che dimostrano e confermano tutta l’ampiezza dei suoi orizzonti.

A quaranta di loro indirizza delle lettera, scrive a tu per tu, li convoca, pretende di essere ascoltato come lui ha ascoltato loro. Per esempio, a Trilussa, a cui scrive in romanesco, indica, prendendo spunto da una sua malinconica poesia, come la fede possa essere una buona guida. Fa poi un esempio su uno scolaro che apprende che la Terra disti dal Sole 148 milioni di chilometri e fa notare come egli si fidi del professore anche senza andarlo a verificare… vita quotidiana che si traduce in metafore accessibili a tutti  – è il metodo della “Definizione per comparazione” – e diventano “un vocabolario di disarmante quotidianità” come suggerito dalla Dott.ssa Falasca.

C’è una lettera del XVIII secolo a.C. in Mesopotamia che recita: “Le tue parole mi hanno riempito di gioia. Leggendole, avevo l’impressione che tu e io ci incontrassimo e ci abbracciassimo”. È questa forse la migliore accezione con cui intendere questi dialoghi così schietti e intelligenti. Risiede forse proprio in questo l’arte dell’incontro o l’arte del porgere come proposto dalla curatrice dell’edizione critica. 

Un precedente nella letteratura italiana, anche se vi sono similitudini come delle profonde differenze, potrebbero essere le Familiares di Petrarca, autore de Il Canzoniere che indirizzò proprio a una serie di illustri antichi tra i quali Cicerone, Quintiliano, Orazio e Omero. Quelle lettere, inizialmente divise su riviste, redatte la prima volta in un corpus dopo l’elezione al soglio pontificio, si ripropongono oggi come spazio di dialogo nel panorama letterario italiano, al pari di altri grandi autori del Novecento.

L’EPISTOLARIO

Charles Dickens, uno dei suoi prediletti, è il primo autore con il quale Luciani si confronta. “Sono un vescovo che ha preso lo strano impegno di scrivere ogni mese per il Messaggero di Sant’Antonio una lettera…”. Questa è l’occasione per far emergere temi sociali, il senso di amore per i poveri, per la società, gli oppressi, le fabbriche, le industrie dell’epoca vittoriana, la solidarietà, i lavoratori. Spunti sulla dottrina sociale della Chiesa che proprio a fine ‘800 cominciò a essere trattata nei documenti magisteriali, in primis nella Rerum Novarum di Leone XIII poi con la Pacem in Terris di Giovanni XXIII e nei tempi contemporanei alla scrittura delle lettere di Illustrissimi con la Populorum Progressio di Paolo VI. I temi sociali ricorrono ancora con Mark Twain, altro suo autore prediletto sin dall’adolescenza (Le Avventure di Tom Sawyer). Qui è evidente l’uso dell’ilaritas, (“Nutre l’anima solo ciò che la rallegra” scriveva S. Tommaso): Luciani si sofferma sul fatto che i diocesani si scandalizzino che un’autorità ecclesiale scrivi di romanzi, rammentando loro di definirsi con umiltà tra gli scriccioli che squittiscono sull’ultimo ramo ecclesiale parlando di tutto un po’. Arriva ad azzardare così diversi congeniali paragoni come fa con lo stesso Twain e S. Francesco di Salesmaestro di umorismo come te, vescovo come me. Anche Sir Walter Scott è omaggiato per l’attenzione che merita agli artigiani come ai nobili e figure popolane che affollano i suoi scritti e tra i romanzieri annovera Alessandro Manzoni, di cui allora si celebravano i 100 anni dalla morte, ricordando come nei Promessi Sposi si dedichi a mostrare come la Provvidenza agisca sempre prediligendo i poveri e gli oppressi, ammirando la scintilla religiosa di cui narra.

Luciani comincia a scrivere spesso proprio sollecitato da eventi esterni come una manifestazione, una rassegna culturale, uno sceneggiato televisivo, una notizia di attualità, una vecchia o recente lettura, ma soprattutto anniversari e ricorrenze storiche, così come da ciò che gli passa sottomano nel contesto che vive – per Manzoni come per Bonaventura, Petrarca, Goldoni, Marconi, Quintiliano (per una riforma scolastica italiana, legge 477 del 1973). A Goethe, il poeta tedesco al quale scrive dopo delle discussioni in merito alla Mostra del Cinema di Venezia, parla del “bello naturale” che c’è nel mondo. Film, professioni nel mondo del cinema, scorci potenti che le immagini cinematografiche realizzano per pigliare per gli occhi per avere la mente direbbe Dante. Tuttavia, nota, questi possono essere usati per fini economici per distrarre lo spettatore dal vero bene. Non per elevarsi ma per sollazzarsi. Paragone con Boccaccio che seppur esteticamente belli i suoi versi, il contenuto è discutibile, piegato per i difetti immorali dell’uomo. E ammonisce: essere “divi”, essere grandi, comporta delle responsabilità… 

Con Chesterton coglie l’occasione di parlare di progresso. Il progresso è meraviglioso solo se è fatto da uomini che si amano e si ritengono fratelli, scrive. a cuore aperto, anticipando i temi sullo sviluppo umano integrale della Caritas in Veritate o della Laudato Sì. E nota che molti combattono Dio perché è l’idea che si sono fatti di Dio. Una descrizione ancora attualissima sui principali motivi di ateismo o gnosticismo diffusi tra i giovani e che già Joseph Ratzinger in Introduzione al Cristianesimo nel 1968, appuntava. 

A Maria Teresa d’Austria, sovrana del secolo dei lumi, madre di tutte le vostre terre, direttrice dell’orchestra statale senza la pretesa di suonare tutti gli strumenti, fa riferimento alla figlia Maria Antonietta (Maria Teresa teneva una fitta corrispondenza con tutti i suoi 16 figli) trovando in questo modo il pretesto per parlare di costumi. Alla madre che impartiva alla figlia consigli sul modo di vestire, Luciani paragona la moda e gli usi appariscenti del Settecento (parrucche, fiori, frutti) che indossa la Regina di Francia ai abiti e la condotta morale negli anni ’60, stabilendo che “La modestia è la migliore eleganza”. Un’altra donna che elogia è Penelope, la cui vicinanza e fedeltà, nella buona e nella cattiva sorte, è sovrapposta alle vicende della regina di Cartagine Didone dalla storia assai diversa e tragica. L’amore coniugale era tra l’altro da poco tornato a essere argomento importante con il Concilio Vaticano II, Luciani segue il passo e lo riscopre nell’umanità dei classici.  

Con Bernardo di Chiaravalle, monaco e statista, comincia un vero e proprio “botta e risposta”, inventando una corrispondenza in cui i due uomini si scambiano consigli. Per Goethe, poeta tedesco al quale scrive dopo delle discussioni in merito alla Mostra del Cinema di Venezia. Parla del “bello naturale” che c’è nel mondo. Di film, di cinematografia, di professioni nel mondo del cinema, degli scorci potenti delle immagini “pigliare per gli occhi per avere la mente” direbbe Dante. Tuttavia questi possono essere usati per fini economici per distrarre lo spettatore dal vero bene. Non per elevarsi ma per sollazzarsi. Paragone con Boccaccio che seppur esteticamente belli i suoi versi, il contenuto è discutibile, piegato per i difetti immorali dell’uomo. Essere “divi”, essere grandi, comporta delle responsabilità… il discorso torna con Aldo Manuzio, conterraneo, tipografo della prima stamperia veneziana spostano sui mezzi di comunicazione (e i relativi persuasori occulti). Luciani mette in luce gli aspetti positivi e negativi di questi strumenti – come appunto l’audiovisivo – Il farmakos direbbero gli antichi, è sia antidoto sia veleno, ma Luciani non assolutizza mai, mette in guardia ma non nega il loro valore più sano.

L’ultima lettera in ordine nel corpus, quella a Gesù, Luciani la scrive trepidando. Dai suoi lettori è la lettera più attesa perché aveva ricevuto l’accusa di aver parlato agli altri in tutte le direzioni men che a Lui. Ma Cosa scrivere a Te di Te. Con Te mi sforzo a tenere un colloquio continuo, dice. Fa dunque rassegna sulla misericordia, della grandezza, dell’Amore, dell’intelligenza del cuore, delle azioni e dell’atteggiamento unico di Gesù con i peccatori secondo le esperienze dei discepoli scritte nei Vangeli. L’importante, conclude, non è che uno scriva di Cristo, ma che molti amino e imitino Cristo. 

A questo punto abbiamo lasciato infine, volutamente, la lettera all’ignoto pittore del Castello, in cui Albino Luciani descrive quattro quadri che raffigurano le quattro età della vita. 

L’infanzia, rappresentata da una nave appena uscita appena dal porto, una barca a vela sovrastata da un angelo, un bambino al timone mentre un’oscura figura dorme sul retro indisturbata. L’Adolescenza che vede sulla barca l’angelo e un giovanotto ma il mare increspato. Poi la carrellata prosegue con l’Adulto, l’uomo che lotta contro uragano, l’angelo è rilegato in fondo alla barca, al timone prende il comando la figura oscura. E infine il quadro della Vecchiaia che presenta un uomo seduto, la tempesta ormai placata, l’angelo che guida sereno la barca all’orizzonte, la figura oscura è stata incatenata.

Ed è impressionante per noi, a posteriori, rileggere Illustrissimi oggi: “Signore non butterò via neanche un minuto“, conclude Luciani all’estremità di quella lettera. E noi pensiamo sia proprio quanto abbia vissuto, in questa navigazione che è la vita, fedele, diremmo, alla definizione proposta da Emily Dickinson:

“Non esiste Veliero che come un Libro
Possa rapirci in Terre lontane
Né eleganti Desideri che possano correre
E impennarsi come una Pagina di Poesia –
E’ questo il Viaggio che persino il più povero
Potrà intraprendere senza il peso del Pedaggio –
Tanto è economica la Carrozza
Che trasporta l’anima degli Umani”.

N.b. Le citazioni tratte dall’opera sopra menzionata fanno riferimento a Illustrissimi di Albino Luciani, ed. critica a cura di Stefania Falasca, Edizioni Messaggero di Padova, Padova, 2023.

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